I Gruppi di incontro di Carl Rogers – EG
Autore: Carl R. Rogers
Edizioni: Editrice Astrolabio Roma, 1976
Scheda elaborata da Eugenio Galli
Rogers dedica il suo testo a presentare alcune esperienze significative di gruppi di incontro, altresì dette “t-group”. Il libro, pubblicato nel 1970, si instaura in un momento ove queste esperienze di gruppo programmate ed intensive stavano prendendo sempre più slancio e forse la preoccupazione del suo massimo esponente poteva essere quello di tutelare questo approccio che pareva già offrire il fianco a interpretazioni fuorvianti, incomprensioni, deviazioni ad opera di facilitatori spinti da fini primari non coincidenti con le premesse di cambiamento per i partecipanti per le quali i t-group sono stati originariamente formulati e condotti. Rogers pare focalizzarsi nel ripristinare un approccio di studio fenomenologico delle dimensioni implicate nei gruppi d’incontro e nel problematizzare e confutare le opinioni preoccupate degli effetti dei gruppi. Al contempo, l’autore arriva a precognizzare uno straordinario cambiamento sociale grazie a queste nuove metodologie che sempre più accoglievano gli entusiasmi di una società affamata di contatto e intimità -proporzionalmente alla parcellizzazione tecnologica, urbana e industriale che Rogers percepiva negli anni ’70 statunitensi.
Rogers sperimenta questi gruppi con successo in diversi settori della vita personale e sociale degli individui: nell’industria, negli ambienti ecclesiastici, negli ambienti cattolici, nei penitenziari ecc…, aprendo la sperimentazione a diverse categorie di individui: studenti universitari, professori, coniugi, famiglie, criminali, uomini politici.
L’aspetto di trasformazione positiva che i partecipanti riportano dopo l’esperienza è statisticamente impressionante; Rogers accoglie anche una parte qualitativa nelle testimonianze di partecipanti e trascrive alcuni case study utili (una corrispondenza privata riportata nel testo ci racconta gli effetti che un t-group ha avuto su una partecipante nella vita privata). La trasferibilità degli apprendimenti alla propria vita personale e professionale rimane un punto centrale nell’interesse di Rogers in questo testo.
Descrivere come questo testo possa trovare un aggancio utile al nostro percorso richiede una premessa. Oltre a magnificare il gruppo come contesto e condizione per l’apprendimento dei singoli (il t-group in questo senso non mi pare si proponga necessariamente di lavorare con gruppi anche se è in questi che Rogers intravede le possibilità di trasformazione più ampie: gruppi scolastici, enti religiosi, gap generazionali, gruppi portatori di tensioni internazionali e razziali), va ricordato che i gruppi di incontro seguono una specifica metodologia per la quale occorre una formazione specifica, lunga e molto qualificata.
Il testo risulta a mio avviso estremamente utile a inquadrare a livello teorico esperienze personali di gruppi di incontro. Ho avuto personalmente possibilità di seguire nella mia formazione un paio di residenziali condotti attraverso questa metodologia. Entrambe ebbero una durata di cinque giorni e si svolsero in setting diversi. Il focus dei due t-group variava, essendo il primo un laboratorio per lo sviluppo delle competenze sociali e l’altro un focus sul rapporto tra individuo, gruppo e istituzione. Il testo di Rogers sembra prevedere quasi unicamente gruppi di dialogo e confronto; nella mia esperienza i partecipanti sono stati posti in rapporto con dispositivi formativi che hanno accelerato alcuni processi.
Un aspetto che risalta nel testo è il grado di spontaneità e liberazione che riporta Rogers relativo ai partecipanti. Non hanno trovato spazio nelle mie esperienze affermazioni quali: “tu mi sei spregevole”; i gruppi hanno spesso sofferto semmai di poca audacia nell’agire elementi di trasformazione così diretti. Una occasione parzialmente mancata per l’apprendimento dei singoli in quel catalizzatore. Sono invece emerse latenze di vario genere.
I partecipanti del testo perlano di una esperienza formativa forte. Io con questi. Sono uscito rafforzato in alcune considerazioni, ho trovato alcuni spunti nuovi, ho rimpiazzato alcune domande con altre più fresche e vivificate dall’esperienza. Ho anche avuto modo di valutare il mio posizionamento come agente all’interno del cambiamento dell’istituzione. Si sperimentano i rischi di promuovere un’attitudine al cambiamento laddove l’istituzione (o il gruppo al suo interno) si riveli poco capace di ascoltare o di accogliere segnali di disagio e malessere.
Il testo rogersiano può sensibilizzare verso la necessità di esplorare il proprio modo di stare nel gruppo, di esercitare una influenza (leadership), di creare un cambiamento, di sapere ascoltare, intendendo con questo diponibilità al cambiamento. Tuttavia la natura così profondamente personale e relazionale del t-group rende un testo come questo utile se vi è una base esperita alla quale agganciarlo; è stato solo vivendo l’esperienza che ho pututo dar senso al valore del t-group.
L’ultimo capitolo del testo si posiziona come un auspicio utopico. La rivoluzione di cui parla Rogers con il diffondersi di questa metodologia non sembra aver sortito quel clamore rivoluzionario. Tuttavia l’approccio metodologico continua ad avere un suo sviluppo, ha sensibilizzato circuiti sempre più diffusi, ha avuto un eco in ambito psicologico e formativo. Il mondo in cui scrive Rogers, parcellizzato e individuale, è divenuto in effetti egemone. Vero è che questa solitudine ha cercato risposte in nuove forme di rito e teatralizzazione, di confronto e relazione laddove sono emerse le possibilità perché ciò avvenisse.