Pragmatica della comunicazione umana, Paul Watzlawick – RDM
È anche bello vedere come questa umiltà sia stata poi riconosciuta ed accettata, tanto che le teorie di questo libro sono oggi il punto di partenza per lo studio di ogni tipo di comunicazione.
Autore: Watzlawick, beavin, Jackson
Edizioni: Astrolabio, 1967
Scheda elaborata da Riccardo Della Martera
Abstract (da 1000 a 1800 battute, spazi inclusi. è importante ripercorre in sintesi i nuclei tematici rilevanti):
Riflessione personale
- Livello1: evidenziare la connessione del testo o di una singola parte rispetto ai contenuti trattati nel corso (da 1000 a 1800 battute, spazi inclusi).
- Livello 2: descrivere la spendibilità di un contenuto (tema, metodo, strumento, attività, risorsa, dati di ricerca) presente nel testo, rispetto al proprio contesto di lavoro attuale, passato o ideale (da 1000 a 1800 battute, spazi inclusi).
- Livello 3: condividere la propria riflessione critica rispetto alle proposte del testo nelle giornate in presenza.
Commento
Gli autori, nel raccontare durante tutto il libro la loro visione della pragmatica della comunicazione, mi hanno trasmesso un sentimento di umiltà, quell’umiltà che proviene dal voler passare dei concetti innovativi, mi azzardo a dire rivoluzionari per quegli anni (fine anni ’60) in cui il campo di studi oggetto delle loro ricerche era sicuramente battuto, ma con approcci molto diversi. Gli autori sono perfettamente coscienti della novità del loro approccio e quindi, come tutte le persone “illuminate” che conoscono bene la reticenza del “popolo” (inteso in questo caso come comunità scientifica) ad accettare le diverse “rivoluzioni copernicane” che hanno cambiato il sapere umano durante i secoli, sono stati umili e cauti nel portare avanti le loro idee. È anche bello vedere come questa umiltà sia stata poi riconosciuta ed accettata, tanto che le teorie di questo libro sono oggi il punto di partenza per lo studio di ogni tipo di comunicazione.
Il mio personale modo di accogliere questo libro si è sviluppato nelle seguenti fasi:
- Stupore per la novità dei concetti.
- Riorganizzazione del mio modo di pensare la comunicazione umana.
- Applicazione delle teorie alla realtà quotidiana.
- Riconoscimento della loro validità.
In realtà dopo la prima lettura sentivo che c’erano molti concetti nebulosi, che non avevo colto, quindi ho provato la necessità di rileggerlo una seconda volta, idea questa che si è rivelata ottima per i nuovi messaggi che quest’ultima lettura mi ha trasmesso.
L’incipit del libro rivela già il suo leit-motiv: l’importanza di includere il contesto in qualunque analisi di interazioni tra esseri viventi; ciò non serve soltanto per capire la ragione (che altrimenti rimarrebbe introvabile) della diminuzione del numero di volpi del Canada del Nord in un certo periodo dell’anno (Cap. 1.1), ma anche per comprendere il motivo della schizofrenia di una persona (che non viene più considerata come “misteriosa malattia della mente individuale” ma come “modello specifico di comunicazione” – Cap 6.432), oppure per uscire dall’impasse di una discussione tra coniugi che viene punteggiata in modo tale da non riuscire a comprendere da dove viene la discordanza (per arrivare nei casi più estremi alla cosiddetta “profezia che si autodetermina”, Cap. 3.44).
Un secondo concetto fondante di tutto il libro è la metacomunicazione (ovvero essere in grado di comunicare sulla comunicazione) como elemento necessario per una qualsiasi comunicazione efficace; questo concetto viene ripreso ed introdotto in biosistemica da J. Liss nel suo libro “Ascolto Profondo” per la sua importanza durante una seduta di psicoterapia o di counseling: il terapeuta o il counselor devono essere in grado di metacomunicare con il loro paziente o cliente, in modo tale da accrescere l’empatia, aumentare la sua consapevolezza emozionale e guidarlo verso una direzione esplorativa del suo disagio. La metacomunicazione sta anche alla base dei cinque ben noti assiomi della comunicazione descritti nel Capitolo 2.
Infine l’ultimo grande messaggio che ho recepito da questo testo riguarda la comunicazione patologica, come questa nasca né da una conferma né da un rifiuto dell’affermazione dell’Io (una persona comunica all’altra: “Ecco come mi vedo in rapporto a te in questa situazione”), ma da una disconferma (l’altra risponde: “Tu non esisti”); nel Cap. 3.333 si menziona come “si ricava dallo studio di famiglie di schizofrenici un modello caratteristico: il figlio non è stato molto trascurato né ha subìto un forte trauma; è la sua autenticità che è stata mutilata senza tregua anche se in modo indefinibile e spesso del tutto involontario”. Ciò è stato causato, tra le varie cause, dalla comunicazione paradossale (analizzata nel capitolo 6) trasmessa ad esempio da un genitore al figlio (i casi più classici sono rappresentati da dichiarazioni quali “Sii spontaneo”, “Dovresti amarmi”, “Sai che sei libero di andare; non preoccuparti se io starò male” ecc.).