Psicologia Generale, Luigi Anolli – EG
Autore: Luigi Anolli, Paolo Legrenzi
Edizioni: il Mulino, Bologna, 2006
Scheda elaborata da Eugenio Galli
Il manuale, articolato in dieci capitoli, offre un panorama chiaro e completo della psicologia generale nei suoi diversi aspetti: dimensione storica, nozioni di base, teorie fondamentali, esperimenti classici, problemi applicativi. Dopo aver offerto un inquadramento della psicologia come scienza e delle problematiche storiche e metodologiche annesse, gli autori esplorano argomenti quali la sensazione e la percezione, (modalità fondamentali per acquisire le informazioni sul mondo esterno e sul proprio organismo), evidenziando l’adattamento attivo che tramite queste mette in atto il nostro organismo. Si affrontano poi i processi della coscienza e dell’attenzione, la selezione degli stimoli, l’ipnosi, la meditazione, il sonno e i sogni, l’alternanza sonno-veglia e i ritmi circadiani quali aspetti fondamentali della nostra quotidianità. Con lo studio dei processi di apprendimento si illustra come raccogliamo le informazioni dall’ambiente, come le organizziamo nella mente e come modifichiamo i nostri comportamenti a seguito delle esperienze e degli apprendimenti compiuti.
Gli autori dedicano un capitolo alla memoria; ricordare infatti costituisce un processo complesso, composto da diverse fasi e realizzato da diversi sistemi- interessante comprendere come dopo aver codificato le informazioni, possiamo conservarle nella mente, come le dimentichiamo, come possiamo modificarle e ,in seguito, riutilizzarle. Il sesto capitolo analizza i modi in cui i processi di pensiero guidano i modelli mentali, il ragionamento, i processi di decisione e la soluzione dei problemi. Conoscere come funziona il ragionamento umano ci permette di coglierne anche i limiti. L’approccio teorico adottato è quello della teoria dei modelli mentali di Johnson-Laird; questa è, fondamentalmente, una teoria dell’incompletezza delle rappresentazioni.
Allontanandosi dai modelli di una presunta razionalità olimpica dell’uomo, la psicologia ha cominciato negli ultimi decenni a studiare come gli effettivi processi di pensiero siano solo una sua approssimazione; i limiti sono determinati dai vincoli del nostro sistema cognitivo che ha perciò cercato di sfruttarli al meglio. Possiamo supporre che la natura abbia preferito questa sorta di economia delle rappresentazioni che per milioni di anni sono risultate più vantaggiose in termini di sopravvivenza in ambienti ove rapidità e semplicità nella decisione hanno compensato forme di rappresentazione più complete ma più onerose. Gli ultimi capitoli riguardano la comunicazione e il linguaggio, la motivazione e le emozioni mentre l’ultimo capitolo affronta lo studio della cultura. Si intende con questa la realtà che ha consentito agli esseri umani di diventare una specie simbolica. Senza cultura non vi sarebbe né arte né tecnologia né altre forme di civiltà. La cultura, nelle sue varie forme, è la risorsa più importante per la sopravvivenza della nostra specie. Il libro termina esaminando i principali processi e meccanismi psicologici che la sottendono.
Il testo fornisce una panoramica utile come orientamento di base in alcuni processi psicologici psicologici. Facendolo dialogare col corpus della bibliografia si notano aree di compenetrazione con la “Pragmatica della comunicazione umana” (il capitolo sulla comunicazione) e col testo di Maurizio Stuppiggia (il capitolo sulle emozioni).
Due considerazioni tra le tante possibili: la prima riguarda proprio il confronto col testo di Watzlawick. Interessante risulta in questa luce la definizione di Anolli sulla comunicazione.
“La comunicazione non consiste in un processo causale né involontario, ma implica una pianificazione intenzionale in quanto ogni atto comunicativo è voler rendere l’interlocutore consapevole della propria intenzione” (p. 191).
Con un paragrafo dedicato alla istanza di intenzionalità della comunicazione, Anolli segna marcatamente le distanze dall’approccio di Watzlawick e dal suo primo, fondamentale assunto sull’impossibilità di non comunicare. L’autore della Pragmatica non viene citato in questo paragrafo. Una possibilità di uscire da questa contrapposizione potrebbe venire da un migliore e scientifico chiarimento di termini (in questo si ricalca forse una speranza del primo Wittgenstein).
Mi sono chiesto se Anolli non possa armonizzare la sua posizione ammettendo la categoria di comunicazione intenzionale e non intenzionale (entrambe forme comunicative nel senso che il primo assioma suggerisce) invece che attribuire alla seconda uno status “non-comunicativo”. Anolli ci porta a ragionare sul significato stesso di “comunicazione”. Non si rischia di smarrire il senso della comunicazione se tutto è comunicazione? Se stiamo comunicando sempre e irrimediabilmente secondo Watzlawick, possiamo dire che, se qualcuno è presente ad osservarci, comunichiamo mentre stiamo dormendo? Altrimenti dovremmo allora ammettere una forma di consapevolezza o coscienza anche nel primo assioma.
Spunti interessanti presenti nel capitolo sulla sensazione e la percezione. Si illustra il cosiddetto “realismo ingenuo”, ovvero la convinzione diffusa che la percezione costituisca una sorta di fotocopia fedele della realtà, che vi sia quindi una coincidenza tra la realtà fisica e quella percettiva. Con una serie di illusioni ottico- geometriche gli autori illustrano come la corrispondenza tra le due sia il risultato di un processo articolato di elaborazione delle informazioni provenienti dall’esterno. Ciò richiede un atteggiamento critico che consenta il superamento del realismo ingenuo evitando sia l’errore dello stimolo (descrivere non ciò che si vede ma ciò che si sa) sia l’errore dell’esperienza (attribuire alla realtà qualità che sono proprie della percezione- ad esempio dire che l’acqua della bacinella è fredda dopo aver tenuto la stessa mano in un recipiente di acqua calda). Questi esempi sono per noi di sensibilità particolare: il counselor è continuamente sottoposto al rischio di scambiare interpretazione e osservazione.
È vero che i confini tra queste dimensioni sono sfumati; ciò non significa tuttavia che non vi siano diversi gradi di consapevolezza, critica e attenzione che permettono di presidiare questo confine labile con maggiore professionalità e responsabilità. È facile cadere nella tentazione di illustrare la realtà “per com’è” e di valutare una persona piuttosto che un suo comportamento. È utile accogliere nella propria pratica quel principio citato nel testo del rispetto-sospetto: trattare cioè i fenomeni percettivi con il rispetto dovuto e con il sospetto necessario.