La Terapia Biosistemica, Jerome Liss – RDM
Il libro ripercorre tutti i capisaldi dell’approccio biosistemico, spiegandoli in modo chiaro e semplice. Si inizia dal considereare quell’elemento a cui, per qualche strana ragione, nonostante sia una parte fondamentale di ogni uomo, non è mai stata data l’importanza che merita: il corpo.
Autore: Jerome Liss, Maurizio Sutpiggia
Edizioni: Franco Angeli
Scheda elaborata da Riccardo Della Martera
Il libro ripercorre tutti i capisaldi dell’approccio biosistemico, spiegandoli in modo chiaro e semplice. Si inizia dal considereare quell’elemento a cui, per qualche strana ragione, nonostante sia una parte fondamentale di ogni uomo, non è mai stata data l’importanza che merita: il corpo. Le patologie psicosomatiche nascono perché il corpo non ha parole per esprimere le sue necessità e l’unico modo per recepirle è portare attenzione ed accudimento. Da qui la considerazione che i gesti, soprattutto quelli spontanei effettuati in momenti di intensa emozione (detti gesti chiave), rappresentano una via essenziale per ascoltare il nostro corpo e far venir fuori ciò che ci vuole dire; dietro il gesto infatti c’è sempre un’emozione, che spesso ci fa paura, e quindi oltre a negare l’emozione si nega anche il gesto in quanto ambasciatore di disagio.
Interessantissima è la spiegazione neurofisiologica del terzo capitolo sui meccanismi di nascita delle patologia psicosomatiche,derivate dai modelli di Laborit e Gellhorn, in cui il Sistema di Inibizione all’Azione agisce contemporaneamente (mentre in realtà dovrebbe funzionare uno alla volta) a quello di Attivazione all’Azione, portando a stati depressivi. Tutto ciò viene poi tradotto in termini di attivazione del Sistema Simpatico e Parasimpatico, generando la ben nota curva di attivazione. Nel leggere questo capitolo ho sentito molto vicina a me questa spiegazione, come se la mia ansia fosse proprio il risultato di questi processi automatici e non controllabili.
La descrizione di un processo terapeutico inizia con l’elemento base senza cui nulla di rilevante potrà accadere: l’empatia. Già da questa fase entrambe le parti si mettono in gioco secondo diverse modalità emozionali e sensoriali: il terapeuta cerca di sentire dentro di sé ciò che prova il cliente non solamente osservandone la postura ed i movimenti ma anche ascoltando la sua voce, rispecchiandolo e provando a sentire dentro di lui che cosa nasce. La fase seguente comporta una focalizzazione non tanto sulla razionalizzazione del disagio quanto sulla sua fisicità ed emozionalità; non è importante (anzi, è controproducente) andare subito a cercare le cause del problema che il paziente porta, ma occorre rimanere sul “qui ed ora” fisico, emozionale, vocale e gestuale. Una volta identificato un canale (un gesto chiave, una parola chiave, ecc.) attraverso cui procedere, si cerca di amplificarlo e di vedere dove porta, cercando di direzionare il processo in modo tale da far sorgere una consapevolezza nel cliente non solo mentale ma soprattutto fisica ed emozionale; per fare ciò si può ricorrere a diversi strumenti quali la drammatizzazione, il contatto fisico, ecc.
Per ultimo si cerca di integrare questa nuova consapevolezza con il vissuto del cliente, con l’obiettivo di renderlo in grado di cambiare la sua visione della realtà tramite un nuovo filtro, un nuovo modo di vedere e sentire se stesso e le sue relazioni con gli altri che sia il risultato di uno sblocco di energia interna che era rimasta in qualche modo imiprigionata. In tutto questo processo è fondamentale rafforzare l’Io del cliente, ed una delle tecniche migliori per raggiungere questo scopo è l’identificazione (ovvero la verbalizzazione di frasi il cui soggetto sia “Io”), che aiutano ad accrescere la responsabilizzazione della persona verso la sua vita, elemento questo fondamentale per fare in modo sia il cliente a risolvere i propri problemi.
Un elemento di grande forza e stimolo per ogni persona che abbia voglia di mettersi in gioco è il gruppo; con il gruppo di possono creare dinamiche che in un incontro one-to-one non sono possibili, sia dal punto di vista della forza delle emozioni coinvolte che dalla efficacia. In un gruppo in cui si fanno esercizi al centro, la persona che sta al centro può avvantaggiarsi della pluralità di individui (scegliendo ad esempio quello a lui più congeniale per rappresentare un genitore durante un role playing), ognuno dei quali ha una sua emozionalità che può riversare sotto forma di feedback; tutte queste modalità di sentire contribuiscono a formare uno “specchio” per la persona al centro dell’esercizio,e questo specchio è molto più completo di quello che si potrebbe ottenere da una seduta con un terapeuta.
In definitva, il libro mi sembra uno strumento essenziale per strutturare una seduta di counseling efficace, ed è uno di quei testi che vanno riletti più volte nel corso degli anni per cercare di acquisire un approccio utile (tramite la messa in opera delle varie tecniche descritte) alle necessità del cliente.