La terapia biosistemica, Jerome Liss – EG
Autore: Jerome Liss, Maurizio Stupiggia
Edizioni: Franco Angeli, Milano, 2000 (terza edizione)
Scheda elaborata da Eugenio Galli
Diciamo perciò che pensieri, azioni e sensazioni formano un sistema e sono legati tra loro come potrebbero esserlo i membri di una famiglia che si snaturerebbe se un suo componente venisse a mancare. Da qui la definizione di biosistemica data all’approccio terapeutico che stiamo descrivendo: l’incontro tra teorie a base biologica e bioenergetica, e una visione sistemica delle relazioni che aiuta ad integrare processi biologici di vari livelli (molecolare, organico) con campi differenti nelle funzioni mentali (logico-verbale, immaginativo-visivo). (Stupiggia M., p. 17)
Il testo curato da Liss e Stupiggia si compone di otto capitoli scritti da mani diverse, uniti dalla medesima prospettiva. Il libro ha il pregio di essere multisfaccettato portando con sé una ricca diversità di contributi utili per illustrare la terapia biosistemica. Il testo sviluppa l’approccio biosistemico e come esplora il rapporto mente-corpo tenendo conto delle riflessioni psicoanalitiche e dei risultati recenti delle neuroscienze. Il corpo per la teoria biosistemica non è solo un ingresso terapeutico alternativo alla persona ma è la persona stessa. Il corpo dunque va inteso nella sua globalità e risulta inscindibile dalla dimensione affettiva.
Abbracciando l’ottica sistemica e il concetto dell’unità psico-corporea, la terapia biosistemica pone come suo primo contributo quello del rispetto per la struttura logica ed emotiva del paziente; ad esso si accompagna una sostituzione graduale della dimensione interpretativa attraverso l’uso dell’identificazione e dell’amplificazione pulsionale ed espressiva. Il secondo contributo fondamentale risulta l’attenzione data al corpo nel rapporto di rispondenza empatica tra terapeuta e paziente (si parla – non a caso – di empatia corporea); si pone così grande attenzione alla componente espressiva del linguaggio più che a quella prettamente simbolica. Nella terapia biosistemica si cerca, in senso complementare alla psicoanalisi che cerca di comprendere cosa rivela il corpo delle parole inespresse, di dare corporeità alle parole stesse.
Oltre a soffermarsi su molti casi concreti che permettono al lettore di dare immagine (e corpo) alle parole e a proporre molti strumenti di lavoro, nel corso del libro vengono esplorati molti concetti che in questi anni di scuola di counseling si è avuto modo di toccare. Dal significato del contatto in terapia (sia questo di voce, di corpo,visivo o simbolico) all’importanza e forza che hanno i metodi di gruppo nella terapia biosistemica; dal rimbalzo vitalizzante tra le emozioni del sistema simpatico e quelle del parasimpatico all’importanza di un linguaggio integrato mente-corpo, non è difficile comprendere l’importanza di un testo simile per chiarire l’approccio della nostra scuola.
Qualche motivazione più personale mi porta a condividere il particolare interesse provato per l’ultimo capitolo sullo psicoteatro terapeutico: in esso si riporta una sintesi di alcune tecniche terapeutiche e di animazione ideate da Jerome Liss attingendo ad alcuni metodi e modelli teorici preesistenti (Teatro dell’oppresso, psicodramma, terorie di Laborit e Gellhorn).
Nello psicoteatro il corpo assume un ruolo centrale nel processo terapeutico (analogamente alla terapia biosistemica); è il corpo a rilevare blocchi psicocorporei e energetici della persona. Attraverso la reazione attiva allo stress attivata dall’azione psicoteatrale, è possibile ridare maggiore motilità ed espressività al corpo.
Perticolarmente apprezzata la risposta che Cristofori dà nell’ultimo capitolo sull’efficacia delle esperienze di psicoteatro:
Il lettore potrà domandarsi se questa nuova esperienza vissuta nel gruppo di psicoteatro possa veramente cambiare l’impronta della propria infanzia nella memoria determinante nello sviluppo psicofisico della persona. La nostra risposta è che l’esperienza terapeutica, vissuta con un’emozione profonda e con il coinvolgimento interno della persona, soprattutto se ripetuta alcune volte, può cominciare a modificare anche i livelli più profondi della personalità; può cioè modificare il Sé nel senso della stima di sé e della conseguente instaurazione di una relazione positiva con l’altro; e soprattutto può influenzare i circuiti neurofisiologici, sia per quello che attiene al sistema nervoso autonomo nelle sue due componenti simpatico-parasimpatico, sia per quel che riguarda il sistema ormonale e quello motorio. (p. 190)
Ragionando sulla struttura del libro e sulla già citata complessità sistemica della teoria e della sua esposizione mi è sovvenuta un parallelismo con la struttura del corso di counseling stesso, dunque il fatto che gli iscritti ad anni diversi di corso non fossero sistemati per classi separate ma partecipi di stesse attività. Abbracciando un approccio omeostatico mi viene da vedere una prospettiva pedagogica che forse in una teoria sistemica troverebbe risonanza.